Nelle commedie di Plauto la frequentazione dei bagni sembra un fatto abituale nella Roma del II secolo a.C. Presumibilmente la costruzione dei primi stabilimenti fu attuata alla fine del III secolo, ad opera di alcuni imprenditori che si ispirarono a precedenti greci. Si spiega in tal modo il nome balneum, dal greco balanèion. All'inizio erano impianti piuttosto modesti ma, poiché offrivano, con una spesa irrisoria, la possibilità di fare un bagno caldo, ebbero un grande successo e, in poco tempo, si moltiplicarono divenendo più comodi e attrezzati. Nel IV secolo d.C. , per esempio, erano presenti a Roma circa mille stabilimenti senza contare le undici terme imperiali, considerate a parte.
Un momento importante per i bagni fu quello di Agrippa, verso la fine della repubblica. Infatti nell'anno in cui fu edile, rese gratuito l'accesso ai balnea della città e poi, tra il 25 e il 19 a.C., fece costruire il primo edificio termale del nuovo tipo, designato col nome di termæ. Le terme di Agrippa, oggi interamente scomparse, si distinsero dagli altri stabilimenti per le proporzioni, la perfezione degli impianti e la ricchezza dell'ornamentazione e possono essere considerate un esempio che portò alla nascita delle Grandi Terme Imperiali.
Il passo successivo, e forse decisivo, fu compiuto da Nerone, il quale fece costruire le terme con una planimetria caratterizzata dal coordinamento degli elementi su due assi, che si incrociavano ad angolo retto, con la sequenza degli ambienti essenziali lungo uno dei due assi e la duplicazione degli ambienti minori in posizione simmetrica. Un ulteriore passo in avanti si compì con le terme di Traiano (cisterna delle sette sale), costruite su una vasta area, aperta e delimitata sui quattro lati da un recinto o peribolo, e dislocate con una migliore posizione rispetto ai punti cardinali. Dopo le terme di Traiano si ebbero solo variazioni e perfezionamenti con le terme di Caracalla e di Diocleziano. Queste furono le più grandi di tutte e le ultime ad essere costruite per le masse. Infatti le terme di Costantino, le ultime realizzate, furono riservate ad una frequentazione di "quartiere", più limitata e selezionata.
Caratteristiche tecniche
Nelle terme imperiali, gli ambienti particolarmente curati ai fini del loro decoro in maniera adeguata alla grandiosità delle strutture, più importanti e canonici, cioè richiesti dal succedersi delle diverse fasi del bagno, erano i seguenti:
l’apodyterium, lo spogliatoio nel quale il frequentatore romano delle terme riponeva i vestiti; era presente solo in alcuni stabilimenti; tepidarium, il cui nome non derivava dall’acqua tiepida poiché non era una sala da bagno, era una stanza priva di attrezzature particolari e serviva alla traspirazione del corpo e alla preparazione dello stesso alle temperature elevate del calidarium; calidarium, una sala calda orientata a sud - ovest per sfruttare il calore dei raggi del sole; si trovava al centro di tutte le stanze calde per conservare il calore di queste e sporgeva dalla costruzione in modo tale che tutto il calore confluisse verso di esso; secondo le indicazioni di Vitruvio aveva una forma rettangolare ed era costituita da due spazi: uno che conteneva l’alveo, ampio bacino destinato al bagno, e l’altro il labrum, conca rotonda al centro della quale zampillava dell’acqua, utilizzata da persone, che si trovavano attorno ad essa, per compiere lavaggi; frigidarium, l’ambiente più vasto al cui interno si trovavano dei bacini d’acqua come la piscina o la cisterna; di solito si affacciava all’esterno sulla natatio; ’heliocaminus, il luogo destinato alle cure solari e privo di pareti nella zona sud - ovest per ricevere i raggi solari; palestra, il luogo adibito agli esercizi ginnici e derivato dal ginnasio greco; era costituito da un cortile porticato a pianta quadrata, era formato da vari ambienti quali l’ephebeum nel quale i giovani cominciavano a praticare la ginnastica, il coryceum, forse destinato al gioco della palla o al consumo dei pasti, il conisterium e l’elacothesium dove erano riposti gli unguenti e le polveri dei lottatori; natatio era una piscina con acqua in equilibrio termico con l’ambiente circostante, nella quale si bagnavano anche coloro che giocavano nella palestra; laconicum, l’ambiente che serviva per una forte sudorazione del corpo; soprattutto dopo il pasto per aiutare la digestione; in senso stretto era definito laconicum proprio l’apparecchio che serviva a riscaldare l’ambiente.
E’ importante dire che gli ambienti principali erano disposti in successione verticale,
formando il settore centrale, mentre gli ambienti secondari, identici e simmetrici,
costituivano due settori laterali. Nel settore centrale si susseguivano la natatio e l’aula
basilicale con funzioni di frigidario e infine tepidario e calidario. Per quanto riguarda i settori
laterali c’erano l’apodyterium in corrispondenza della natatio, la palestra all’altezza della
basilica e infine una serie di scale all’altezza del calidario. L’aula basilicale era in diretta
comunicazione con tutti gli altri ambienti, svolgendo così anche la funzione di raccordo e di
snodo per le grandi folle che l’edificio doveva gestire. Per mezzo di questa struttura si
creava, seguendo le scale, un percorso anulare molto agevole che collegava tutti gli ambienti.
L’impianto termale vero e proprio si esauriva generalmente al piano terreno, anche se alcuni
ritrovamenti a Caracalla lasciano credere che ci fossero anche ambienti superiori con bagni
privati e terrazzi per i bagni di sole (solaria). Il recinto perimetrale era aperto e libero, poiché
gli ambienti che conteneva potevano essere di varia natura. Ciò comportava una varietà di
forme, orientata comunque verso gli spazi aperti, in contrasto con l’ambiente chiuso delle
sale balneari.
Della struttura generale è da sottolineare l’assenza di facciate, l’utilizzo delle costruzioni a
volta e la ricerca dell’equilibrio tra spazi chiusi e aperti tramite la particolare struttura
descritta in precedenza. La tecnica costruttiva si basava invece sull’utilizzo di materiali
leggeri nella muratura delle volte per ridurne le spinte sul rivestimento degli intradossi con
laterizi sottili per risparmiare le centine.
Piano d’insieme di terme romane secondo Vitruvio:
A)Pianta del padiglione centrale:
v - s:bagno di vapore (laconicum ) e stufa a secco (sudatio );
c:bagno d’acqua calda;
t:bagno d’acqua tiepida;
B)Pianta delle canalizzazioni sotterranee.
All’esterno c’erano invece speroni e contrafforti per contrastare le spinte delle crociere, mentre delle torrette garantivano stabilità ai fulcri della costruzione.Si sono inoltre incontrati molti motivi costruttivi particolari (archi appoggiati direttamente sulle colonne), che sfociarono molte volte in bizzarrie e controsensi statici, che comunque resero ogni struttura unica.Le terme erano circondate in genere da un ampio cortile, ricco d’ombra e di fontane, destinato a campo da gioco, con un porticato ininterrotto sotto cui trovavano collocazione gli ambienti di servizio.
In alto a sinistra, tipi di suspensuræ (A, in pietra; B, in laterizio)
In alto a destra, particolari costruttivi degli ipocausti (A,pianta;
B,sezione
a-b; C, sezione c-d)
A sinistra, schemi distributivi delle terme:
a) Apodypterium ;
f) Frigidarium ;
t) Tepidarium ;
c) Calidarium ;
p )Palestra ;
l) Laconicum
Riscaldamento
Il riscaldamento degli ambienti era ottenuto col sistema della circolazione d’aria calda sotto i pavimenti e dietro le pareti, attraversovespai e intercapedini. Per l’invenzione si prese spunto dalle caratteristiche esalazioni di vapore tanto diffuse nella regione flegrea. Si trattò di sostituire una fonte di calore artificiale a quella naturale delle fumarole e di immettere quel calore, al posto del vapore, sotto i pavimenti degli ambienti balneari. Un sistema di riscaldamento così, che aveva il pregio di poter essere trasferito ovunque si fosse voluto, non era difficile da realizzare: bastava creare un doppio pavimento o vespaio, sotto il quale far circolare l’aria calda prodotta dalle fascine di legna bruciate in appositi forni comunicanti col vespaio stesso. Nacque così il bagno sospeso (balneum pensilis), che fu poi ulteriormente perfezionato con la creazione di pareti “con camerate”, nelle quali era ugualmente fatta passare l’aria calda. La combustione della legna determinava il riscaldamento dell’aria circostante che veniva immessa nei vespai e nelle intercapedini parietali, alle quali essa cedeva il proprio calore che era così trasmesso agli ambienti. In tal modo era possibile assicurare temperature superiori ai 30 gradi, mantenendole costanti a lungo. Questo sistema offriva il vantaggio di fornire quel calore uniformemente diffuso e avvolgente tanto esaltato dai medici per i suoi benefici terapeutici.
Per quel che concerne l’aspetto tecnico dei normali impianti di riscaldamento, cioè dei vespai e delle intercapedini parietali, c’è da dire che essi erano solitamente realizzati nella maniera seguente: il vespaio o ipocausto (ipocaustum, letteralmente “che scalda o brucia da sotto” o “scaldato da sotto”) era formato da file parallele di pilastrini (pilæ), alti in genere tra i 70 e i 90 cm, posti a scacchiera a distanza di circa 60 cm l’uno dall’altro.
Questi poggiavano su un sottopavimento di tegole inclinato verso la sorgente del calore in modo da permettere lo scolo dell’acqua di condensazione e da facilitare il tiraggio e la diffusione del calore verso l’alto. Sopra la scacchiera poggiava uno strato di malta cementizia idraulica, cioè il pavimento vero e proprio. Sempre allo scopo di mantenere il calore tra le suspensurae e il pavimento, potevano essere inserite delle lastre metalliche di piombo o di rame.
Le intercapedini parietali furono ottenute costruendo la parete “esterna” con speciali mattoni quadrati, forniti, presso i quattro angoli, di distanziatori in forma di protuberanza. Nella prima metà del I secolo d.C., furono introdotte le “pareti tubolate”. Le intercapedini parietali erano in comunicazione con i vespai sottostanti i pavimenti, al fine di utilizzare in un unico circuito la medesima aria calda. Gli ippocausti e le concamerazioni particolari erano non di rado realizzati anche al di sotto e attorno alle vasche, per contribuire a mantenere elevata e costante la temperatura dell’acqua in loro contenuta.
Rifornimento idrico
L’approvvigionamento idrico delle grandi terme imperiali era assicurato dagli acquedotti: Agrippa aveva fatto costruire, per alimentare le sue terme, l’acquedotto dell’acqua vergine (Aqua Virgo).
In seguito si provvide di volta in volta con la realizzazioni di apposite derivazioni di acquedotti già esistenti per servire anche altri usi. In tutti questi casi, l’acqua non arrivava direttamente all’edificio balneare, ma veniva prima raccolta in apposite cisterne, costruite in prossimità o all’interno dello stabilimento. Poi dalle cisterne una complessa rete di tubazioni, di piombo o di terracotta, portava l’acqua nelle vasche per il bagno freddo e nella piscina natatoria, mentre l’acqua, che doveva essere riscaldata, veniva convogliata nel settore dei forni.