RIONE XIV . Borgo
Origine Araldica
Partito dalla fascia di rosso bordata d'argento; nel primo di rosso col leone fermo addestrato da tre monti al naturale cimati da stella d'argento a otto punte; nel secondo terrazzato al naturale. Questo stemma rappresentava in origine in maniera meno stilizzata gli emblemi araldici di Sisto V, mentre il leone d'oro era sdraiato su un forziere d'argento che alludeva alla custodia del tesoro pontifìcio postoda Sisto V in Castel S. Angelo.
L'origine del nome Borgo è l'unico rione il cui nome ha un'origine sassone, Burg, cioè piccolo villaggio racchiuso entro una cinta muraria. Il motivoper cui fu scelto un nome non di origine latina si spiega con l'elevato numero di studenti sassoni che abitavano questo rione.
Il rione Borgo, il più giovane, come vedremo poi, amministrativamente parlando, dei rioni romani, si stende sulla riva destra del Tevere, in quella pianura che fin dall'antichità era chia Ager Vaticanus, delimitata dalla collina omonima, dal Gianicolo e da Monte Mario. Il terreno presenta due costituzioni geologiche diverse e per comprenderne la differenza dob riferirci all'epoca in cui il suolo di Roma era ricoperto da un mare largo e profondo. I primi abbozzi di territorio emerso dalla plaga furono le colline sulla riva destra del fiume. In quest'epoca scoppiò intensa anche l'attività vulcanica e il bacino lacustre venne gradata colmato dal materiale eruttivo, facendo sorgere un solido zoccolo tufaceo e basaltico. Nella zona pianeggiante si verificarono invece i depositi alluvionali.
I fossili sepolti ancora nella zona testimoniano senz'ombra di dubbio questa violenta modifi geologica: argilla, sabbia e tufo sono dunque le componenti del terreno che ospita Borgo, materiali da sempre utilizzati per le co locali e per i maestri vasai. Marziale nomina più volte i vasi vinari fatti con la terra vaticana, e Giovenale i piatti. L'acqua detta di S. Damaso, che sgorga tutt'ora dall'o cortile vaticano, deriva da vene locali, e in tempi precedenti, fonti oggi estinte si trova a porta Cavalleggeri e presso la chiesa di S. Maria delle Grazie, a porta Angelica. La casa generalizia dei gesuiti, posta sotto al Gianicolo, possiede polle salubri di acqua sor mentre l'acqua lancisiana, pur sgorgando dal Gianicolo, si può ancora considerare ap allo stesso episodio geologico che interessò Borgo. Del resto è ancora Marziale a ] lamentare l'asprezza dei vini vaticani e ciò, a ' parte adesso i metodi vinicoli del tempo, si de ascrivere senz'altro al terreno tufaceo delle colture.
« Leone XIII, fine umanista, volle impiantare una piccola vigna presso l'augusta residenza, senza ottenere però grandi risultati.
Primi padroni dei luoghi furono gli Etruschi, e Plinio ricorda un elee del Vaticano, più antico della stessa Roma, sul quale erano scolpite let etrusche vaticinanti; mentre Varrone inter il toponimo come evocazione di un vagi infantile, data la prima sillaba che suona ap "va"; un vagito di Roma anelante ad estendersi su tutti i territori circostanti, massi su quelli subito al di là del Tevere. Lasciando ora i miti e le leggende dell'origine per giungere alla storia, secondo l'ordinamen cittadino decretato da Augusto il territorio oggi riferito al rione Borgo era compreso nella xiv regione denominata transtiberim, che ab tutto ciò che si stendeva sulla riva de del Tevere. Fertile e delizioso per boschetti e cascatelle, il luogo era di proprietà di Agrippina madre di Caligola, che vi fece costruire quel circo che poi venne completato da Nero Infatti la primitiva proprietaria lasciò i luo in eredità alla figlia, anch'essa chiamata Agrippina, che divenne madre di Nerone. Que fece erigere numerosi monumenti in questa zona, tra i quali citiamo ora la villa im e tutto il territorio ebbe così a quel tempo la generica denominazione di: «I giardi di Nerone».
Dopo il famoso incendio della città, scoppiato nel 64 d.C., si dice per un capriccio neroniano, il territorio ospitò per ordine dello stesso Nero numerose popolazioni fuggiasche dal centro dell' Urbs andato in fumo; un'immigrazione che essendo stata favorita dall'imperatore pre incendiario, pone dei dubbi sulla nefan sua; almeno su quella riferita al fatto specifico; a meno di non considerare Nerone affetto anche da cospicuo autolesionismo, olé da quasi tutti i vizi noti e frequentati dall'uomo. Si deve a Nerone la costruzione del ponte Trionfale, detto neroniano, che si stende fra S. Giovanni dei Fiorentini e S. Spirito; il ponte rovinò nel v secolo, e nei giorni di ma se ne possono individuare anche oggi i resti nel letto del fiume.
Domiziano e Traiano dotarono la zona di un circo per le rappresentazioni navali, ossia le «naumachie», e di questa costruzione si sco¬persero notevoli avanzi nella zona di piazza Ri-sorgimento fino a Castel S. Angelo; si calcola che potesse contenere oltre 19.000 persone. Adriano vi fece erigere il suo mausoleo, che poi divenne fortezza papale con il nome di Castel S. Angelo, e fu ancora Adriano ad erigere il ponte Elio, oggi dedicato all'Angelo che rin- guaina la spada, nell'anno 134 d.C. Con il sopravvenire del cristianesimo attraverso un travaglio persecutorio di cui si fa cenno nel medaglione dedicato all'argomento, la regione divenne fervido centro religioso. Intanto perché accoglieva la tomba di S. Pietro, e poi perché Costantino vi fece erigere la prima basilica dedicata al nome dell'apostolo. Attorno alla chiesa presero a fiorire monasteri e edifici di culto, ma i pontefici continuarono a soggiornare in Laterano data l'insalubrità dei luoghi. Le rovine romane che erano sparse tut- t'attorno recavano del resto nell'animo dello spettatore un mesto paesaggio d'abbandono. Con la morte di Caracalla, avvenuta nel 217, il mausoleo di Adriano cessò d'essere un sepolcro e per l'intuizione di Aureliano divenne un fortilizio integrato nelle mura fatte costruire attorno a Roma dallo stesso imperatore; dal quale presero il nome. Ma le mura lasciavano sguarnito l’Ager Vaticanus in quanto probabilmente Aureliano riteneva sufficiente alla difesa di questo lato di Roma il semplice baluardo rappresentato dalla mole Adriana. Ma Totila nel 547 lo smentì, e si deve a costui se vennero erette le mura di quella che poi si chiamò la città leonina; come si deve a Totila, sia pure indirettamente, il nome di questo rione che andiamo trattando, per via di quel «burg» di origine germanica, riferito appunto all'inva-sione del 547. La cinta difensiva e le mura eb¬bero ulteriori restauri da parte di Leone in at¬torno all'800, anche nell'intento di proteggere la tomba del principe degli apostoli dai saraceni, presenti nella campagna romana a più riprese. Ma invano, giacché nell'846, sotto Sergio II, orde di saraceni arrivarono da Ostia fino a Roma senza incontrare resistenza, e saccheggiarono il tesoro basilicale. Leone IV, avvenuto lo scempio, riedificò le mura attorno all'ager facendo della città leoni¬na un fortilizio che rimarrà d'ora in poi distaccato da ogni autorità e ordine municipale. Durante l'esilio avignonese, Borgo, non ancora costituitosi come rione, ebbe grande decadimento, subentrando faide feroci tra le varie fa¬miglie prive oramai di un governo centrale, e tornato il papa in Roma la zona ebbe una ripresa ad opera di Nicolò v verso la metà del Quattrocento e di Alessandro vi Borgia alla fine del 1400. Costui chiamò il Sangallo a meglio munire la mole Adriana e per il giubileo del Cinqueento fece aprire una via che conduceva da Castello alla basilica, via del Borgo Nuovo, esentando da tasse quelle famiglie che avessero abbellito la zona con palazzi e ornamenti.
sacco di Roma ad opera dei Lanzichenecchi di Carlo v, avvenuto il 6 maggio del 1527, recò nella città disperazione e distruzioni immani. A seguito di questa cruciale esperienza la zona venne munita ulteriormente ad opera di Paolo nel 1534 e di Pio iv nel 1560, che operò anche il collegamento «aereo» tra Castello e la basilica: il cosiddetto «passetto» di Borgo.
Si aprì la via di Porta Angelica, e la strada centrale del nuovo insediamento urbano prese il nome di Borgo Pio.
Ed eccoci giunti al giorno fatidico in cui Borgo venne incoronato rione xiv di Roma. Il giorno 9 dicembre dell'anno 1586, i conservatori, i senatori e il priore dei caporioni raccolti a pubblico consiglio in Campidoglio deliberarono infatti di assumere la regione a decimoquarto rione di Roma con il nome di Borgo. Il nuovo rione ebbe come gli altri tredici una bandiera e uno stemma che rappresenta un leo¬ne in campo rosso che si trova adagiato su di una cassa ferrea. Ha la zampa destra volta a tre monti, mentre possiede in fronte una stella. Il leone è spiegato con lo stemma di papa Sisto, in quell'epoca felicemente regnante, mentre per quanto riguarda la cassa ferrata bisogna rifarsi al seguente curioso episodio. In una sala di Castel Sant'Angelo contrassegnata col numero d'archivio 562, esiste ben visibile ancora oggi un cassone enorme con due fratelli più piccoli. Sono tutti e tre in noce, foderati di ferro, contemporanei di papa Sisto v, il pontefice che per primo si servì del Castello per conservarvi i tesori e gli archivi vaticani. Ebbene in quelle tre casse, oggi tangibili da qualunque vi¬sitatore, furono ritrovati ben tre milioni di scudi d'oro proprio nell'anno che abbiamo appena citato come di fondazione del rione Borgo.
Il tesoro di Sisto V fu trovato al tempo di Clemente XII, un secolo e mezzo più tardi dun e il Valesio, valido diarista contempora è così che narra il rinvenimento: ... «aper la stanza suddetta nella quale era un enorme cassone di ferro, vi si trovarono alcune scrittu cioè il processo dell'arcivescovo di Toledo, Bartolomeo Caranza ed altre che sigillate ven portate a sua santità; inoltre furono trova vecchi argenti di molte libbre, due anelli pon e gioie di valore per circa settemila scudi, due gioielli con gioie pure di gran valore, uno dei quali fatto da Benvenuto Cellini, come si sa dalla sua vita, alcuni piatti di porcellana del Giappone e scudi duecento di testoni nuovi di Sisto v in una saccoccia». Il nucleo del nuovo rione per molti anni non subì modifiche sotto il profilo urbanistico, se si fanno salvi i lavori alla basilica di S. Pietro che si protrassero per decenni, e la continua manu di Castel S. Angelo. Vennero inoltre costruite la chiesa della Traspontina, S. Anna dei Palafrenieri e abbellite le logge vaticane. Occorre arrivare quasi ai nostri giorni per rile due aspetti fondamentali per il mutamen del rione Borgo, sia sotto il profilo ammini che urbanistico. Ci riferiamo innanzi a quello di rilevanza nazionale che vide Roma assurgere a capitale d'Italia, interrom nella zona la sovranità pontificia. L'altro avvenimento, con data 1936/1950, ri la demolizione della spina di Borgo, e la ricostruzione dei luoghi allo stato attuale. Il 2 ottobre 1870 gli abitanti di Borgo votarono unanimamente per l'annessione al regno d'Ita cessava per Borgo, come s'è detto, il potere temporale dei papi, ma avveniva anche una se fisica del rione dal Vaticano ad ope delle «Leggi delle guarentige». Da questo momento avviene ciò che taluni hanno chiamato ironicamente il secondo sacco di Roma, e il rione Borgo fu testimone del sor entro pochissimo tempo del quartiere di Prati di Castello in una vasta area immediata a ridosso dei suoi confini. La demolizione della «spina», quell'insieme urbanistico che si snodava dov'è ora via della Conciliazione, stretto tra due strade parallele dal nome di Borgo Nuovo o Alessandrino e Borgo Vecchio, verificò la scomparsa di un tes insostituibile dal punto di vista urbanisti quanto umano, insieme alla scomparsa di edifici notevoli dal punto di vista storico, come S. Giacomo a Scossacavalli. In sostanza il rio ne venne dimezzato, riducendosi al triango delimitato dalla via di Porta Angelica, ab anch'essa e oggi ridottasi a un simula marmoreo; il Passetto e Borgo Angelico. Ma parleremo del problema nella sezione dedi ai luoghi scomparsi del rione. Più giovane dei rioni romani, come s'è detto, fatta esclusione per quelli piemontesi, il rione Borgo fino alla sua avvenuta autonomia faceva parte del rione Trastevere, e fino allo sconvolgi postbellico e all'omogeneizzazione au Borgo fu un rione ecclesiastico, sonnolento e semideserto, se si fa eccezione per i periodi dei giubilei.
Anche nel nome del resto, quel «burg» teutoni resta alieno dal cittadino, legato piuttosto a un paese e a un luogo chiuso e isolato; e d'altra parte la zona cosi munita e circondata da mura altissime, e sulla quale incombe l'immane mole della fortezza dell'Angelo, non può non ispira un'atmosfera d'altri tempi. Nonostante questo nome e questo insieme for e difensivo, il rione Borgo in chi vi si addentra non reca l'idea di un luogo medievale oppresso da strade strette e tortuose. Torri pri di finestre qui sono assenti. È vero che è quasi onnipresente il «passetto» elemento tur e vistoso quanto le mura leonine. Ma è ae e assai funzionale. Almeno in quell'unica volta che venne usato, concedendo al pontefice e alla sua corte un pronto rifugio in Castello, quando i Lanzichenecchi di Carlo v erano già dentro la città, nell'anno del tragico sacco di Roma: il 1527.
In pratica il nostro rione lo si può dividere, pri d'iniziare a percorrerlo nei due itinerari che ci prefiggiamo di compiere per dare notizia ai lettori delle sue vestigia più belle, solo in due parti (esclusa del tutto la zona del Vaticano): Castel S. Angelo con i suoi accessi e il rione ve e proprio; tanto la mole della fortezza adria- nea si estende su tutta l'area circostante. Lo squarcio praticato nel rione dalla funerea via della Conciliazione ha poi ulteriormente suddiviso il rione in una zona più a nord, emi ecclesiastico-monumentale, men il resto del rione conserva in botteghe e ne modesti una sua caratteristica spicciola e quotidiana. Artigiani e commercianti che san il fatto loro in materia di coscienza civica, se un centinaio d'anni fa hanno votato plebi per l'annessione allo Stato italia dando una grande delusione al pontefice allora regnante. Qualora la votazione fosse an diversamente, oggi il Vaticano sarebbe sempre il più piccolo stato del mondo, pur mi il doppio della superficie attuale.