L'ISOLA TIBERINA
Tra le tante leggende riguardanti il periodo più antico della storia di Roma, uno degli episodi più suggestivi, riportato con ricchezza di particolari dagli scrittori, è costituito dai singolari avvenimenti che sarebbero all'origine della nascita dell'isola Tiberina. Dai racconti che ci hanno lasciato Dionigi di Alicamasso, Livio e Plutarco, l'isola si sarebbe formata in modo artificiale, a causa del limo accumulato sull'enorme quantità di grano mietuto nei terreni appartenenti al re Tarquinio il Superbo, che i Romani avevano gettato nel Tevere al momento della sua cacciata nel 509 a.C. Non è facile individuare le lontane origini di questa strana leggenda, collegata con una data particolarmente importante per la storia della città, che con la cacciata del tiranno e l'avvento della Repubblica iniziava l'inarrestabile ascesa che l'avrebbe portata a dominare gran parte del mondo antico.
La moderna critica storica tenderebbe a vedere nel racconto leggendario il ricordo di antiche pratiche purificatorie espletate per mezzo del fiume, considerato in ogni periodo come una sorta di discarica attraverso la quale eliminare tutti gli elementi che - soprattutto per quanto riguardava la sfera religiosa - potevano in qualche modo turbare la vita cittadina. Il ricordo di alcune pratiche di questo tipo, le cui origini risalivano ai tempi più remoti della città, era conservato in alcune cerimonie che avevano come suggestivo scenario il fiume. Tra gli esempi più significativi possiamo ricordare i rituali relativi al culto di Vesta, quando ogni anno venivano sparse nel Tevere le ceneri del fuoco sacro che ardeva perennemente nel tempio; oppure la processione degli Argei, al termine della quale venivano gettati dal ponte Sublicio, presso l'isola Tiberina, dei fantocci di vimini, probabilmente in ricordo di antichi sacrifici umani. Anche per quanto riguarda alcuni provvedimenti di carattere straordinario inerenti all'amministrazione della giustizia, il fiume rappresentava il mezzo attraverso il quale venivano eseguite condanne capitali comminate per crimini di particolare gravità. E' questo il caso, ad esempio, del parricidium, cioè l'uccisione di un capo famiglia, in seguito al quale il reo veniva gettato nel fiume al termine di un particolare rituale. Per quanto riguarda comunque la reale origine dell'isola Tiberina, prescindendo dai vari racconti di carattere leggendario elaborati dagli storici, i saggi di scavo eseguiti alla fine dell'ottocento per la costruzione dei muraglioni del Tevere, hanno permesso di accertare che l'isola stessa si è formata in seguito ai sedimenti accumulati nel corso dei secoli in un punto in cui l'alveo del fiume si allargava ed il livello dell'acqua scendeva sensibilmente. Ma le suggestive leggende sull'origine dell'isola, che si diceva nata dal tentativo di eliminazione di un elemento sacrilego quale era considerato il grano di Tarquinio, sembrano comunque avere influito a lungo, ed in modo negativo, sul suo futuro sviluppo urbanistico. E' evidente infatti che nonostante la sua felice posizione al centro del tratto urbano del fiume, davanti al grande mercato del Foro Boario e al porto Tiberino, l'isola - al contrario di altre zone più periferiche - sembra entrare realmente nella storia della città soltanto all'inizio del III secolo a.C. quando, con la costruzione del tempio di Esculapio, diventa il luogo ufficialmente deputato alla tutela della salute pubblica. Narrano le fonti storiche che nell'anno 294 a.C., in seguito ad una grave pestilenza che aveva colpito Roma, il Senato inviò dei messi ad Epidauro, la città greca sede del santuario centrale di Asklepio (Esculapio), dio della medicina. Dai sacerdoti del tempio gli inviati di Roma ebbero in dono il serpente sacro, simbolo vivente del dio che, giunto in città, scese dalla nave che lo aveva trasportato risalendo il fiume e si rifugiò sull’ isola Tiberina, mostrando così in modo prodigioso il luogo dove doveva essere costruito il santuario del nuovo culto. Ma prescindendo anche in questo caso dai racconti tradizionali, sulla decisione di costruire il tempio di Esculapio in quel punto, dovettero influire in realtà motivi di ben altra natura. In quel periodo l'isola era ancora fuori del limite giuridico e religioso della città (pomerio), e quindi adatta a diventare sede di un culto di provenienza straniera.
. In quel periodo l'isola era ancora fuori del limite giuridico e religioso della città (pomerio), e quindi adatta a diventare sede di un culto di provenienza straniera. La sua stessa posizione, al centro del fiume e relativamente lontana dal resto dell'abitato, assicurava il necessario distacco che per ovvi motivi igienici - caratterizzava generalmente i santuari di Esculapio (Asklepieia) in tutto il mondo antico. Il fatto poi che l'isola, con la sua forma allungata poteva ricordare la nave che aveva trasportato il serpente sacro, rendeva ancora più adatto il luogo per la costruzione del nuovo tempio. Sulla base delle notizie contenute nelle fonti letterarie, e soprattutto da alcune iscrizioni rinvenute sul posto, è possibile stabilire - anche in assenza di ogni struttura superstite - che il tempio di Esculapio era situato nella zona dove sorge attualmente la chiesa di S. Bartolomeo. Oltre al tempio vero e proprio, probabilmente di dimensioni contenute, il complesso doveva essere costituito da strutture di vario tipo (porticati, gallerie coperte ecc.) che dovevano occupare gran parte della metà orientale dell'isola, dove i malati venivano accolti per ricevere le cure necessarie e soprattutto i responsi della divinità. Per le pratiche lustrali del tempio e per le necessità sanitarie, vi era poi una fonte il cui ricordo è perpetuato dal pozzo medioevale visibile attualmente al termine della navata centrale della chiesa. Una parte del complesso doveva essere destinata agli alloggi dei sacerdoti, probabilmente presenti sull'isola in gran numero data la grande importanza del culto al quale erano addetti. Loro compito principale era quello di interpretare i responsi offerti dalla divinità, in base ai quali venivano poi decisi i rimedi da somministrare ai malati. Sappiamo che il culto di Esculapio era di rito greco, ed è pertanto assai probabile che, almeno per un certo periodo, i sacerdoti stessi potessero provenire dalla Grecia. Per quanto riguarda le categorie di persone che si recavano al tempio di Esculapio ad impetrare l'intervento del dio, è facile pensare che doveva trattarsi in prevalenza di appartenenti ai ceti più umili della popolazione, come schiavi, liberti e soldati. Una conferma indiretta in tal senso ci viene fornita da un editto del 46 d.C., emanato dall'imperatore Claudio, che prevedeva la liberazione degli schiavi malati nei casi in cui venivano abbandonati dai loro padroni nel santuario tiberino. I patrizi e gli appartenenti alle classi agiate, dovevano nutrire una maggiore diffidenza nelle possibilità della "medicina sacerdotale", e preferire i rimedi prescritti dai medici " laici", che nella maggio r parte dei casi dovevano però rivelarsi altrettanto inefficaci (e certamente ben più pericolosi) di quelli adottati dai sacerdoti dell'isola. Nel santuario tiberino le cure medi che venivano somministrate secondo sistemi che, accanto all 'impiego di erbe ed altri elementi naturali , prevedevano rituali di carattere magico destinati a suggestionare il paziente per convincerlo di un intervento diretto della divinità. Il malato che si recava al tempio poteva essere ospitato negli ambienti annessi aJ santuario stesso, dove nel corso della notte (passata evidentemente sotto l'effetto di qualche droga) aveva la visione di Esculapio che, attraverso segni interpretati al mattino dai sacerdoti, indicava i rimedi da adottare. La misura della grande importanza che aveva assunto il culto di Esculapio fin dall'età repubblicana, può essere fornita dall'enorme quantità di ex 1Joto in terracotta riproducenti parti del corpo umano, rinvenuti sull 'isola e nel letto del fiume in occasione dei lavori per la costruzione dei muraglioni. Lo scavo di un consistente deposito di elementi votivi sulla riva sinistra del fiume, presso la testata di ponte Fabricio, ha fatto inoltre pensare alla presenza di botteghe di venditori specializzati in simili oggetti che, come nei moderni santuari cristiani, dovevano stazionare in gran numero lungo la principale via d'accesso all'isola. Nell'anno 196 a.C. a circa un secolo di distanza dalla costruzione del tempio di Esculapio, all'estremità opposta dell'isola viene fondato un santuario dedicato a Fauno. La posizione precisa del tempio è indicata da Ovidio, che in un passo della sua opera, riprendendo l'antica e suggestiva figurazione della nave, dice che l’edificio era situato "la dove la punta dell'isola fende l'acqua del fiume in due parti", cioè presso l'estremità settentrionale. Vitruvio ci informa che il tempio, unico a Roma dedicato a questa divinità, era di tipo "prostilo", cioè aveva le colonne soltanto sulla fronte. Anche nel caso della fondazione di questo nuovo luogo di culto, la scelta dell'isola sembra dettata da motivi inerenti al carattere particolare della divinità alla quale era dedicato. Fauno, confuso talvolta con Luperco, entità affine venerata in una grotta (Lupercale) situata ai piedi del Palatino, era il dio protettore delle greggi e della vita dei campi, e forse appunto per questo destinato a rimanere ai margini della città. Per la costruzione del tempio, i cui resti erano ancora visibili nel XVII, secolo, furono utilizzati i proventi di una forte multa inflitta a tre appaltatori di pascoli pubblici colpevoli di una qualche truffa ai danni dello stato. Contemporaneamente alla costruzione del tempio di Fauno veniva fondato il misterioso tempio di Veiove, discussa divinità di carattere "infero", talvolta identificata con Giove, il cui culto - menzionato in modo confuso dalle fonti letterarie è però menzionato nei calendari alla data del 1° Gennaio.
Con la costruzione di questo nuovo edificio di culto, si va sempre più definendo il carattere eminentemente sacro dell'isola Tiberina, che sembra però riservata a divinità che per vari motivi non potevano ricevere ospitalità all'interno della città stessa. Ancora due anni dopo, nel 194 a.C., verso la parte centrale dell'isola viene costruito un tempio dedicato a Giove Giurario, cioè Giove nella veste di divinità garante dei giuramenti. Nel 1854, il rinvenimento di un tratto di pavimento in "signino" con un'iscrizione dedicatoria a Giove, avvenuto sotto la chiesa di S. Giovanni Calibita, ha consentito l'esatta ubicazione del tempio. L'edificio era a poca distanza dal santuario maggiore di Esculapio dal quale lo separava il vico Censorio, una strada che attraversava l'isola nel senso della larghezza collegando i ponti che la univano alle due sponde. Su un lato del vico Censorio, che costituiva probabilmente l'unica vera via di tutta la zona, era collocata una statua di Semo Sanco, antica divinità sabina preposta ai giuramenti e quindi in qualche misura affine alla figura di Giove Giurario. Al simulacro di questa antica divinità è legato un curioso episodio dovuto alla dedica (Semoni Sanco Deo Fidio) che era posta sulla sua base. L'errata lettura del testo aveva fatto pensare ad alcuni autori cristiani (Ireneo, Tertulliano) che i romani del tardo impero, per qualche ragione inesplicabile, avevano dedicato sull'isola una statua a Simon Mago, il singolare personaggio ricordato negli Atti degli Apostoli perché compiva miracoli con l'aiuto del Demonio. L'iscrizione dedicatoria, conservata attualmente nei Musei Vaticani, è stata ritrovata nel 157 4 assieme alla statua di un personaggio giovanile attribuita al dio sabino. Dopo un lungo periodo di tempo durante il quale le fonti antiche riportano soltanto notizie di restauri agliedifici esistenti, nel corso del I secolo a. C. l'isola Tiberina è interessata da nuovi importanti lavori nel corso dei quali vengono costruiti il ponte Fabricio (62 a.C.) e il ponte Cestio (metà I secolo a.C.), probabilmente in sostituzione di precedenti ponti in legno costruiti al momento della fondazione del tempio di Esculapio. Nel 7 a.C, quando l'imperatore Augusto promuove la nuova divisione amministrativa della città, l'isola Tiberina viene inclusa nella Regione XIV (Trastevere), la più ampia di tutte le ripartizioni territoriali , che comprendeva gran parte dei territori della riva destra del fiume. Nel corso del I secolo a.C., quando l'isola aveva ormai assunto il suo aspetto monumentale pressoché definitivo, vengono sistemate le sponde con banchine in muratura di cui si sono più volte rinvenuti i resti. Il ricordo dell' episodio prodigioso del serpente di Esculapio torna ancora una volta in occasione dei lavori per le sponde e le due estremità dell'isola vengono rivestite con strutture concepite a somiglianza della prua e della poppa di una nave. Probabilmente in questo stesso periodo viene eretto un sacello in onore di Tiberino, antica divinità fluviale il cui culto veniva fatto risalire al mitico Romolo. Verso la fine della Repubblica e durante tutto il periodo imperiale, l'isola Tiberina, al pari delle piazze monumentali e dei luoghi più frequentati della città, diviene un luogo particolarmente ricercato per erigere statue ed apporre iscrizioni a carattere onorario.
Le fonti letterarie riferiscono di una famosa statua di Giulio Cesare, situata in un punto imprecisato dell'isola, alla quale era legato un fatto prodigioso che ben si accordava con il carattere magico del luogo. Nel 68 d.C. in occasione dell'avvento al trono di Vespasiano, la statua si era voltata verso oriente, dove il nuovo imperatore era di stanza con le sue legioni. Probabilmente presso il tempio di Esculapio, vi era la statua di un certo Antonio Musa, medico personale di Augusto, del quale si voleva evidentemente ricordare la perizia professionale. Da alcune iscrizioni rinvenute nel secolo scorso, sappiamo infine dell'esistenza sull'isola di un monumento dedicato all'imperatore Marco Aurelio, e di un'ultima statua eretta in onore di Ragonio Celso, prefetto dell'Annona nel 389 d.C. Scarse sono le notizie che si riferiscono all'isola Tiberina durante l'ultimo periodo dell'impero, nel corso del quale non vengono più documentate nuove costruzioni o restauri agli edifici. L'unico episodio di rilievo riguarda soltanto il ponte Cestio, che viene completamente ristrutturato nel 367, durante il regno dell'imperatore Graziano. Nel 469 è attestata l'esistenza di un carcere sull'isola Tiberina, che nell'occasione viene chiamata per la prima volta "Insula Serpenti Epidauri", menzione che dimostra come, a distanza di molti secoli, era ancora vivo il ricordo dell'antico episodio leggendario che aveva dato origine alla fondazione del tempio. In questa prigione sarebbe stato rinchiuso e torturato il prefetto delle Gallie Arvando, accusato di cospirazione contro l'imperatore e quindi condannato all' esilio. Attualmente quasi più nulla rimane dei numerosi edifici che occupavano tutta la superficie dell'isola. L'abbandono dei templi dovuto all'avvento del cristianesimo, il progressivo spopolamento della città seguito alle invasioni barbariche e alle tempestose vicende medioevali, ed infine le rovinose piene che con cadenza annuale investivano la città spazzando l'isola stessa, hanno contribuito a cancellare quasi ogni traccia delle antiche costruzioni. Ad eccezione dei due ponti, ancora in gran parte conservati, possiamo ricordare il tratto di arginatura con il rilievo di Esculapio all' estremità meridionale dell'isola, al quale doveva corrispondere un elemento analogo nella parte opposta. Tra i resti ancora esistenti al disotto degli edifici moderni possiamo ricordare alcuni ambienti visibili nei sotterranei delle case situate sul lato sinistro della chiesa di S. Bartolomeo, attribuibili probabilmente a qualche annesso del tempio di Esculapio. Presso la medioevale torre dei Caetani, nella cantina di un bar che si apre sull' angolo della piazza, è ancora visibile un interessante tratto della testata occidentale del ponte Fabricio, che mostra l'accentuata curvatura che caratterizzava il ponte stesso prima della costruzione dei muraglioni. Altri reperti e tratti di strutture murarie in laterizio e in opera quadrati a blocchi di tufo, sono stati recentemente rinvenuti all'interno del cosiddetto "Cortile dei Pesci" nell' ospedale Fatebenefratelli. Scavi ancora in corso sotto lachiesa di S. Giovanni Calibita, stanno riportando alla luce mosaici e interessanti strutture appartenenti al tempio di Giove Giurario e alla precedente chiesa medioevale.