RIONE V PONTE
Origine araldica
Il nome deriva dalla presenza di ponte sant' Angelo, che però è appartenuto al rione fino a quando papa Sisto V lo incorporò nel nuovo rione Borgo. Il suo stemma è ovviamente un ponte.
Il rione Ponte prende il nome dal ponte S. Angelo che però è "appartenuto" a questo rione soltanto fino a papa Sisto v. Infatti, con la creazione del rione Borgo (XIV), il ponte, insieme ad un settore oltre il Tevere, fu incluso in quel rione ma non si può non accennare a questo famoso ponte, ornato dalle statue degli angeli che recano i simboli della passione di Cristo, opere del Bernini e dei suoi allievi e che del resto continua a figurare, argenteo in campo azzurro, nello stemma del rione stesso. Questa zona era compresa nell'antichità nella regio IX augustea: il Campo Marzio e alcune testimonianze dell'antico tessuto urbano sono state individuate. Il ponte S. Angelo ricalca il più antico ponte Elio, fatto costruire dall'imperatore Adriano e che conduceva al mausoleo di questo imperatore, oggi Castel Sant'Angelo. Accanto all'ospedale di S. Spirito si possono ancora vedere, specie quando il fiume è in secca, i resti del ponte neroniano che era anche detto "trionfale" perché percorso appunto dalla via Trionfale o già Sacra che si dirigeva verso il Circo Flaminio e che veniva percorsa dagli eserciti reduci dalle guerre vittoriose. Questo ponte, pons ruptus (infatti già nel IV secolo si presentava in parte diroccato) ad S. Spiritimi in Sassia, è ricordato anche come pons vaticanus perché ovviamente era di collegamento con il Campus Vaticanus. In relazione con il ponte di Nerone era l'arco di Arcadio, Onorio e Teodosio innalzato nel 405 d.C. in ricordo della vittoria riportata da Stilicone a Pollenza nel 402 contro i Goti condotti da Alarico.
Questo rione da un lato segue il corso del Tevere e questa sponda, nell'antichità, era protetta dalle mura aureliane nelle quali si aprivano oltre alla porta Cornelia anche delle aperture secondarie: le posterule. Le mura rafforzate da torri erano fiancheggiate, nella parte interna da una strada basolata che è stata individuata in diversi tratti. Fra le antiche posterule la più importante era la Domitia presso la quale, sul Tevere, era l'approdo delle imbarcazioni che portavano il materiale, spesso sbozzato, che serviva per la costruzione di edifici nel Campo Marzio. Questo approdo, che fu individuato sotto il teatro di Apollo, sul lungotevere, era costituito da una piattaforma di tufo, costruita su palafitte. In asse con il ponte di Nerone era la via Recta che corrisponde al tracciato dell'odierna via dei Coronari.
. Nella zona compresa fra il lungotevere dei Tebaldi, dal ponte di Agrippa al ponte di Nerone, doveva, con probabilità, essere il trigarium cosiddetto dal termine triga (il carro tirato da tre cavalli), come riportato in un cippo dell'età dell'imperatore Claudio, posto dai curatores alvei Tiberis, ritrovato nelle vicinanze della chiesa di S. Biagio della Pagnotta. Qui, in uno spazio sacro, si teneva la rituale corsa dell' october equus. In tale occasione si svolgeva una corsa di trighe in relazione ad una festività della Roma più antica riguardante il re, la sua regia e il dio Marte. Dopo la corsa, il cavallo di destra del carro vin- citore, era condotto sull'ara di Marte in Campo Marzio e qui era sacrificato al dio Marte dal sacerdote di questi: il flamen martialis. La sua coda quindi veniva portata, il più velocemente
possibile, alla regia per colarne il sangue sul focolare di Marte. Il trigarium era poi in stretto collegamento con gli stabula factionum che avevano la loro sede nei pressi del palazzo della Cancelleria.
Dall'altro lato, rispetto al trigarium, doveva essere collocato l'arsenale sul Tevere: i navalia. L'area nord-occidentale del Campo Marzio antico, che termina lungo il corso del Tevere laddove il fiume fa la seconda delle sue anse, quella verso il Vaticano, era in antico caratterizzata da un culto estremamente arcaico e il luogo di questo culto era detto Tarentum. Qui si tenevano anche altri culti arcaici come quello dedicato a Dite e Proserpina o alle Ni- xae. Purtroppo la città medievole e moderna ha avuto in questa zona una tale continuità di vita che le testimonianze della Roma antica sono ridotte a poca cosa. In questi luoghi si tenne anche la cerimonia funebre dell'imperatore Adriano prima della sua sepoltura nel mausoleo cui si giungeva passando per una via diritta che portava al ponte Elio. Sempre in questa parte della regione IX augu- stea di fronte al ponte Elio fu eretto, nel tardo impero, l'arco di Graziano, Valentiniano e Teodosio.
Un arco commemorativo fu innalzato tra il 379 e il 383 a ricordo delle porticus maximae: i portici che sono stati fatti costruire da questi imperatori lungo la grande e importante via che attraverso il ponte Elio giungeva al colle Vaticano. Questo arco, a tre fornici con quello centrale più ampio, era situato appunto davanti al ponte Elio ed ancora esisteva durante il pontificato di papa Urbano v (1360-1370), allorquando, vinto dal tempo, lentamente fu ridotto in rovina.
Qui gli archeologi hanno rinvenuto, in momenti diversi, due cippi del limite del pomerio: uno dell'età dell'imperatore Adriano e un altro dell'imperatore Claudio. Questa zona era poi attraversata da un canale a cielo aperto, detto l'Euripo che convogliava nel Tevere, tra i due ponti suddetti, le acque in eccesso del più lontano stagno di Agrippa. Insomma non mancherebbero i luoghi monumentali della fase romana di questo rione: si pensi soltanto alle porticus maximae che andavano a collegare fra loro portici più antichi. L'uso del marmo non fu minore in questa zona quindi rispetto alle altre di Roma tanto che sempre qui avevano sede le officine dei marmisti oltre allo sbarco dei marmi. Presso il porto dove venivano sbarcati i marmi destinati all'edilizia romana veniva sbarcato anche il vino. Era questo il porto vinario nei pressi della zona detta ad ciconias, in relazione ad un culto in cui le cicogne dovevano avere una parte perlomeno mitologica. Da questa
zona, il vino che era quello fiscale veniva poi portato nei magazzini del tempio del Sole, dove è oggi la chiesa di S. Silvestro, nella piazza omonima. Un'ultima tradizione dell'età più antica è ricordata in questa zona che fa tornare alla memoria gli scontri tra i monticiani e i trasteverini. Nella nostra antica regione si battevano, in uno scontro annuale, i sacrarienses, gli abitanti delle zone limitrofe alla via Sacra e i suburani, quelli delle regioni fuori delle mura serviane, tra cui i più animosi e bel-
licosi erano quelli che abitavano la Suburra. Il rione Ponte, insieme a tutta quella parte di Roma entro le mura che era presso il Tevere, continuò ad essere abitato poiché garantiva un facile reperimento dell'acqua che veniva presa direttamente dal fiume. Le colline, infatti, erano state in gran parte abbandonate, essendo stati tagliati dai barbari invasori e successivamente dagli eserciti Goti e Bizantini gli acquedotti e anche la città, ridotta a poche anime, aveva una economia quasi rurale.
In questo quadro il rione Ponte godeva di un enorme vantaggio, quello di essere attraversato dal tratto finale delle vie che andavano verso il ponte S. Angelo e, quindi, verso S. Pietro. I pellegrini infatti alimentarono, con il loro flusso continuo, l'economia della zona che fu sempre ricca di locande e osterie, oltre ad avere un proficuo commercio di oggetti sacri.
Il ricordo delle posterule delle mura aureliane lungo il Tevere, rimase nel medioevo in quanto esse fungevano da luogo di scalo delle merci o di traghetto con l'altra sponda sul Tevere. Conosciamo infatti via delle Posterule o la chiesa di S. Maria in Posterula. La più importante era la posterula Domitia presso l'antico scalo dei marmi, molti dei quali restarono abbandonati e sepolti fino ai giorni nostri, come per esempio la colonna sbozzata di marmo detto "cipollino", eretta non molti anni fa in via Parigi e proveniente dal luogo suddetto.
Fino al papato di Sisto v il rione Ponte com-
prendeva anche la zona, come si è detto, al di là del Tevere, che poi da papa Peretti fu distinta ! con la creazione del rione Borgo.
Un'altra delle forme dell'economia di Ponte era quella dei conciatori di pelli tanto che nel IV secolo il rione era detto pontis et scorticla- riorum. Dopo il trasferimento della sede papale dal Laterano al Vaticano, in particolare, il rione crebbe d'importanza per la sua disposizione viaria.
Le sue strade furono rifatte e Sisto IV provvide alla pavimentazione di quella via che da Campo Marzio andava appunto a ponte S. Angelo: le attuali via di Monte Brianzo e via di Tor di Nona. Questa via, che ne ricalcava una romana, fu detta via Sistina a Ponte. Anche Sisto v provvide a pavimentare altre vie del rione come le attuali vie di Tor Sanguigna, della Maschera d'Oro o degli Acquasparta. Il rione ebbe sempre una intensa attività urbanistica: molte furono le case nuove costruite in pieno Cinquecento sia di famiglie aristocratiche che di famiglie mercantili alla cui decorazione concorsero gli artisti presenti a Roma come Raffaello, Giulio Romano, Perin del Vaga, Federico Zuccari, Pirro Ligorio e altri.
Gli affreschi di questi pittori non solo ornarono le sale di questi edifici, ma abbellirono anche le facciate esterne. Queste decorazioni trasformarono Ponte in un rione ricco di immagini all'aperto che lo rese presto famoso. È inutile aggiungere che con il passar del tempo di queste decorazioni resta ben poco. Mentre si fondavano o si ricostruivano chiese il rione incentrava la propria fisionomia rinascimentale in tre località topograficamente localizzate: via dei Coronari con i venditori di oggetti religiosi, via dei Banchi con i cambiavalute e i banchieri e tra Monte Giordano e via dell'Orso con le cortigiane.
Per venti scudi al mese si potevano affittare tre camere con cucina e scuderia, anche se non solerte era il ricambio della biancheria.
Lo spettacolo più frequente e più popolare cui assistevano gli abitanti del rione Ponte, nonostante i teatri e i teatrini che prosperavano, era rappresentato da un "Crocefisso" portato a spalla, coperto da un velo nero e una piccola folla di popolo che segue gli associati in una confraternita vestiti a lutto e su di un carro, un condannato incatenato che bacia continuamente una immagine del Cristo: la meta di questo corteo era l'attuale piazza di Ponte S. Angelo o meglio la forca montata lì a cui il
condannato veniva impiccato. Una volta morto alcuni preti arringavano la folla presentando l'evento come esempio di conseguenza dei peccati.
Altrettanto drammatici erano gli eventi naturali costituiti dalle inondazioni che colpivano Roma e, quindi, tra i primi, il nostro rione. Talvolta l'acqua fluiva lentamente quasi preavvertendo del suo arrivo, altre volte la piena era improvvisa, violenta e perciò calamitosa: quella del 1598, allagando d'improvviso le celle del seminterrato e del piano terra della prigione di Tor di Nona, causò l'annegamento di un centinaio di carcerati. La piena del fiume più antica è documentata dall'iscrizione posta sull'arco dei Banchi: il 1277.
La vita del rione conobbe momenti di splendore con l'apertura del teatro Apollo, con la presenza del palazzo della Zecca e anche con l'attività del conte Primoli che documentò nelle sue belle fotografie la trasformazione di Roma e della sua società da capitale dello stato pontificio a capitale d'Italia. Questa trasformazione fu caratterizzata dalla costruzione dei muraglioni, che imprigionarono il Tevere, e dei ponti Umberto, Vittorio Emanuele II e principe Amedeo Savoia Aosta senza dimenticare quello provvisorio detto popolarmente "del Soldo". I ponti collegarono la vecchia Roma alla zona di S. Pietro e ai Prati, che ormai avevano subito una profonda trasformazione urbanistica, mentre i muraglioni dei lungotevere, pur avendo liberato Roma dal 1870 dal pericolo di inondazioni ne cambiarono comunque l'aspetto. Infatti il rione Ponte e gli altri rioni prospicienti il fiume persero le loro belle quinte riccamente scenografiche di case che con finestre e balconi e bussolotti si affacciavano sull'acqua del fiume interrotte da vie e viottoli che scendevano all'argine. Queste demolizioni portarono anche ad alcune interruzioni dei più antichi tessuti viarii come quelli della via Recta e della via Sistina a Ponte, che erano un tratto di quel percorso noto come "papale" perché per quella via transitava il pontefice, cavalcando una mula bianca, con la corte pontificia, i cardinali, le guardie svizzere, una folla plaudente e salmodiante, per recarsi da S. Pietro a S. Giovanni in Laterano, dove sarebbe stato consacrato vescovo di Roma. Oggi il rione è ancora ricco di diverse attività artigiane tra cui spiccano quelle dei doratori, dei mobilieri, degli antiquari cui si sono aggiunti rivenditori del "modernariato".
Nel rione Ponte è ancora possibile incontrare il robivecchi con il suo triciclo pieno di bric a brac a via della Pace, la libreria di libri vecchi e usati oppure fare in via dei Coronari o via Giulia come in via dei Banchi Nuovi, piazza dell'Orologio e via dell'Orso, una passeggiata dove gli oggetti d'alto antiquariato in mostra, costituiscono un vero e proprio museo all'aperto di arte e di arredamento. Molti i ristoranti caratteristici dove recentemente è stata felicemente rinnovata la cucina romana, diversi i locali pubblici dove si proiettano film d'essaie o si fa teatro d'avanguardia. Il traffico rumoroso e intenso di corso Vittorio Emanuele e del lungotevere, nonostante la sua ingorda sete di parcheggio, non riesce a stravolgere l'aspetto ancora umano della Roma quasi di una volta che sopravvive con consuetudini e costumi le caratteristiche e folcloristi- che viuzze e vie come l'arco dei Banchi e via di Panico, via Monte Giordano e piazza Fiammetta, via dei Gigli d'Oro e via del Gonfalone, la stessa via Giulia e vicolo della Volpe, piazza di Monte Vecchio e via della Vetrina. Certamente su via Zanardelli e piazza S. Apollinare si estende l'influenza dell'ufficialità del Senato, come prima si sentiva quella del palazzo di Giustizia prospiciente al di là del Tevere. Ma un'immagine aerea del rione Ponte ce lo mostrerebbe interessantissimo e pieno di vita, con i tipici tetti e terrazze, con gli invidiabili attici e superattici dove si sono stabiliti romani e "forestieri", ma pur sempre innamorati di questo rione come di Roma.