VII Regola - ROMACITTAETERNA

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RIONE VII REGOLA
Origine Araldica
Il nome deriva da Renula, ovvero da quella rena soffice che ancora oggi il fiume Tevere deposita durante le piene. lo Stemma del rione è un cervo rampanta in campoi turchino. Gli abitanti si dicevano ( quando i rioni avevano una identità sociale) Regolanti.


Alle origini, l'intera ansa del Tevere, dalle falde del Campidoglio fino ai Paridi, costituiva quel Campo Marzio tanto caro ai romani antichi, perché luogo adatto agli esercizi fisici, alle manovre dell'esercito, alle riunioni elettorali e simili.
In particolare, nell'ambito della Regola, v'era il Trigarium, stadio ove s'allenavano gli aunghi, montando la "triga", vera e propria "troika" ante-litteram, dato che era trainata da tre cavalli.
V'erano inoltre numerose abitazioni e portici, come documentato dai sotterranei di S. Salvatore in Onda, dai sotterranei di palazzo Farnese e altri.
Un'antica strada attraversava il rione, collegando ponte Trionfale, ubicato nei pressi di ponte Vittorio, con il ponte Aurelio, nei pressi del noto ponte Sisto, attraverso il Tarentum, sede d'un culto ctonio dedicato a Proserpina, con il succitato Trigarium. Quest'antico tracciato è giunto fino a noi, ricalcato dalle strade del Banco di S. Spirito, Banchi Vecchi, Monserrato, via dei Venti, Capo di Ferro, S. Paolo alla Regola, ove incrociava la via dei Pettinari diretta verso il ponte Sisto. Tale percorso antico, proseguiva con S. Bartolomeo ai Vaccinari, di cui conosciamo anche il nome antico, corrispondente nel vicus Aesculeti, grazie ad un'ara, rinvenuta in loco dedicata ad Augusto da parte dei magistri vicorum. Quando nel 272 dell'era attuale, Aureliano fece costruire le mura della città, superò il fiume onde abbracciare nella difesa, sia il Trastevere che la sommità del Gianicolo,proprio dalla nostra Regola, partendo dall'attuale lungotevere dei Tebaldi, e proseguendo su quello di fronte della Farnesina, ove tutt'ora è visibile all'altezza del numero civico 7. È chiaro, che i due muri potevano all'occorrenza essere collegati con catene o altro, onde sbarrare direttamente il corso d'acqua. Inclusa nella ix regione, nella suddivisione Augustea col nome di Circus Flaminius, nel corso del medioevo, che vide il dimezzamento delle regiones, divenute rejones donde rione, entrò a far parte nella IV delle sette regioni ecclesiastiche. La confusione e soprattutto il modo approssimato di affrontare non solo i problemi amministrativi, proprio di quest'epoca, rende il tutto molto approssimativo. La denominazione comunque secondo Anastasio bibliotecario, era "In qua ex patre Sergius natus fuit Sergius il pontifex", la regione dove Sergio il pontefice venne alla luce, figlio di Sergio. Da non confondersi, quindi, il figlio è Sergio papa, non già il contrario. Nel 1586, con la fondazione del Borgo, i rioni torneranno ad essere quattordici, da allora il nostro iniziò ad essere il VII, col curioso nome di Arenule et Chacabariorum. S'arrivò così al 1744, allorché Benedetto XIV, viste

le continue confusioni, decise di riordinare l'intera materia affidandola al conte Bernardini, il quale fece le cose in maniera tanto egregia da rendere inutile ogni modifica, per quanto tenue, per ben centosettantasette anni. Periodo importantissimo questo, perché, come già abbiamo avuto modo di evidenziare, è proprio in questo periodo che si forma la vera "coscienza" rionale e le tradizioni più valide, senza con questo escludere che tali tradizioni potessero vantare radici più antiche. Nel 1921, l'esplosione demografica di mezzo secolo di capitale d'Italia, imponeva una modifica, ed i rioni, come noto, prendendo atto dell'accresciuta popolazione vennero portati a ventidue. Ultima riforma è quella attualmente in vigore, effettuata nel 1972, con la creazione delle circoscrizioni, e la nota "ammucchiata" di tutto il centro storico, il che vale a dire grosso modo tutti i rioni organizzati nel 1744, nella circoscrizione prima. Il rione si presenta come un intrico di situazioni urbanistiche e sociali. Nella ristretta area di 318.897 mq. abbiamo dimore principesche, ospedali, istituti d'assistenza, numerose chiese con relativi collegi di forestieri, ambasciate, sedi di banche, prigioni, grandi e umili abitazioni. Bonificato sul finire del medioevo dalle acque putride e paludose che infestavano buona parte del rione, donde l'importante chiavica di S. Lucia e l'altra detta "del Pianto". Il tessuto urbano della Regola ha subito, dal 1870 in poi, modifiche d'una notevole consistenza come la costruzione dei noti muraglioni del Tevere, su cui torneremo, di li a poco sempre in epoca umbertina, gli sventramenti effettuati per la costruzione di via Arenula, per collegare il nuovo ponte Garibaldi con piazza di Torre Argentina. Mezzo secolo più tardi, si tentò un'impresa del genere per collegare ponte Mazzini con la piazza della Chiesa Nuova, progetto che rimase incompiuto, dopo aver però distrutto la piazza e la via della Padella, parte del vicolo della Moretta, ed il complesso di S. Filippo Neri, in parte sopravvissuto anche se in maniera alquanto ignobile. La ristilizzazione di questa parte venne completata dalla costruzione del grosso complesso del ginnasio-liceo Virgilio.
Per quanto riguarda i muraglioni tiberini, Garibaldi non c'entra per nulla, non ne sostenne il progetto, come sostenuto da qualcuno, e pertanto non fu esattamente questa la sua ultima battaglia.
Eletto deputato del collegio di Roma, nel novembre del 1874, Garibaldi affrontò, è vero, il problema delle inondazioni del Tevere, ma non suggerendo quale panacea la costruzione dei noti argini, bensì facendosi sostenitore, d'una deviazione del fiume, secondo un progetto degli ingegneri Molini e Castellani, consistente in una deviazione del fiume, e nel

definitivo assetto dell'Agro Romano, con la costruzione d'un grande porto a Fiumicino, che avrebbe fra l'altro sfruttato quanto restava dei ruderi di Portus, d'origine come noto, Claudio-Traianeo. 11 programma, per quanto calorosamente accolto nella seduta del 26 maggio 1875, cadde nelle solite interminabili discussioni, finendo definitivamente accantonato, a vantaggio del progetto dell'ingegnere Canevari, approvato nella seduta del 29 novembre 1875, comportante, sia pur con qualche piccola differenza, la costruzione dei noti muraglioni, per i quali, Garibaldi non ingaggiò nessuna battaglia. La costruzione di quest'ultimi, oltreché condannare all'affossamento una parte del rione, come Gonfalone, S. Eligio, Bravaria ecc. cancellò quel rapporto cittadini-fiume, che ora con gran fatica e poco costrutto si cerca di ristabilire. In particolare si distrusse l'attività del molino presso le mura del Ghetto, ricordato dal conte Bernardini, e dei traghettatori, presenti nel nostro rione, come avremo modo di vedere percorrendo le varie passeggiate con le quali ne abbiamo suddiviso la visita.
Il termine "Regola", son tutti concordi, che derivi da "Renula", ovvero rena soffice che il fiume deposita ancor oggi, durante le piene. Da "Arenula" a "Renella" il passo è breve, e di quest'ultimo nome si rese fautore il noto canto "Alla Renella, più er fiume sale più lei viene a galla ...".
Il toponimo, attribuito in tempi remoti persino alla via del Monserrato, è stato rinverdito da una delle succitate "bonifiche" d'umbertina memoria, l'arteria che collega la piazza di Torre Argentina col ponte Garibaldi, aperta nel 1880 assunse infatti il nome di Arenula. Toponomastica a parte, notiamo che anche con questa strada si affermò lo stesso concetto urbanistico al quale siamo debitori della via Cavour, del corso Vittorio Emanuele II, del viale Trastevere, o in altre città, come il rettifilo di Napoli. In pratica siamo di fronte ad un gusto urbanistico di ispirazione francese, impostato, come noto sul binomio étoile-boulevards, di cui facemmo nostro il solo aspetto igienico- viario, dimenticandone l'esigenza militare e soprattutto assimilandone la "moda", per la quale Parigi fin-siécle dettava legge, specie sul provincialismo nazionale. La via Arenula, in particolare, ed il ministero di grazia e giustizia, distrussero parte della via delle Zoccolette e la chiesa di S. Maria degli Angeli in Cacabaris, che col nome rammentava, insieme alla chiesa di S. Salvatore in Cacabaris, quello medioevale del nostro rione. A parte tutte queste modifiche, il rione si presenta abbastanza compatto nel suo tessuto medioevale e con la caratteristica mescolanza di grandezza principesca e di sentita popolarità.
Aspetto che costituirà uno dei motivi di fondo  avvertibile in tutte le passeggiate con le quali abbiamo suddiviso la nostra visita. I suoi attuali confini sono: Tevere (lungotevere Tebaldi e dei Vallati) - vicolo della Scimia - via delle Carceri - via dei Banchi Vecchi - via del Pellegrino - via dei Cappellari - Campo dei Fiori - via dei Giubbonari - piazza Benedetto Cairoli - via Arenula - via S. Maria del Pianto - piazza Cinque Scole fino al fiume (lungotevere dei Cenci), per un complesso di 318.897 mq e con una popolazione residente di 7.511 persone (dato 1961).
Per meglio comprendere le modifiche avvenute dal 1744 riportiamo anche i confini segnati dal conte Bernardino Bernardini: "Comincia da S.  Lucia della Chiavica dietro a fiume, fino a ponte Sisto; il portone della Regola de' Giudei;
Terra parte de' Giudei; il monte de' Cenci; la chiavica del Pianto fino a palazzo Santacroce; il vicolo di S. Anna: a mano manca fino ai Chiavari, volta verso S. Martinello; a Capo di Ferro: tutti i vicoli ch'escono a Campo di Fiori; la piazza del Duca fino alla chiavica di S. Lucia; a mano manca e a mano dritta tutti i vicoli; ma non si sbocca fuori dei detti vicoli a mano dritta".
L'impresa o stemma del rione è un cervo rampante in campo turchino.

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