Dopo le guerre sannitiche, alle città della Magna Grecia, le uniche che a sud restavano fuori del controllo romano, fu posta un’alternativa: o entrare nell’alleanza romana o combattere.
Turi, Locri, Crotone e Reggio scelsero l’alleanza, ma Taranto, che era allora la più florida e potente città della Magna Grecia, preferì invece resistere. Nel 282 a.C. i tarantini chiamarono in loro aiuto il più abile condottiero del tempo, Pirro, re del piccolo Epiro (l'attuale Albania), che nel 280 a.C. sbarcò in Italia con un esercito non molto numeroso ma ben organizzato e fornito di uno strumento bellico del tutto sconosciuto ai romani: gli elefanti. Il primo scontro avvenne a Eraclea, sulla costa ionica della Basilicata, dove i romani al comando del console Levinio furono atterriti dagli elefanti e battuti; lo stesso avvenne l’anno successivo ad Ascoli, presso Foggia, dove però anche Pirro riportò perdite così gravi che l’espressione ‘‘vittoria di Pirro” " passò a designare un successo conquistato a carissimo prezzo. La proposta di una pace di compromesso, onorevole per entrambe le parti, fu respinta dal senato, istigato da Appio Claudio Cieco il quale affermò che Roma trattava la pace solo con i nemici vinti. Pirro decise allora, improvvisamente, di lasciare in sospeso la situazione nella penisola per passare in Sicilia a guidare gli eserciti di Siracusa, Gela, Agrigento e Messina contro i cartaginesi che tenevano le zone occidentali dell’isola; dopo tre anni di guerra abbandonò però anche questo ‘‘fronte” per tornare in Italia. Si scontrò con i romani comandati da Manlio Curio nel 275 a.C. a Malevento, che dopo la vittoria romana venne ribattezzata Benevento. Pirro tornò in Epiro e morì poco dopo mentre tentava di conquistare il Peloponneso.