Così lo storico latino Publio Cornelio Tacito (ca.55-ca 120) descrive nei suoi Annales, con crudo realismo, gli effetti della disfatta di Varo:
''L'estensione degli accampamenti di Varo attestava che là era stato accampato un esercito di tre legioni. Più in là dal vallo semidistrutto e dalla fossa poco profonda si notava il luogo dove si erano ridotti gli avanzi del mutilato esercito. Biancheggiavano le ossa nel mezzo della pianura, o sparse qua e là o ammucchiate, indizio ora di fuga ora di resistenza. Giacevano accanto tronconi d'armi, membra di cavalli e, infissi ai rami, teschi umani. Nei boschi vicini si vedevano gli altari dei barbari presso i quali erano stati immolati i tribuni e i centurioni romani. Coloro che, sfuggiti alla battaglia o alla prigionia, erano scampati alla strage raccontavano come qui fossero caduti gli ufficiali, là strappate le spade; mostravano dove la prima ferita aveva piegato Varo, dove di propria mano egli si fosse miseramente dato la morte. Narravano di Arminio che arringava dalla tribuna le truppe, dei patiboli eretti per i prigionieri, delle fosse scavate per i vivi, e sino a qual segno i vessilli e le aquile fossero fatti oggetto di oltraggio."