Foro (dal lat. forum), nelle antiche città romane, luogo che riassumeva in sé, consolidandole in uno spazio urbano altamente caratterizzato, tutte le funzioni politiche, amministrative, commerciali e religiose dell'organismo cittadino. Luogo pubblico per eccellenza, il foro costituiva l'elemento primo tra quelli che strutturavano il tessuto urbanistico della città romana. Data la sua importanza nello studio dei resti archeologici il foro costituisce il luogo nel quale, più che in ogni altro, è possibile leggere lo sviluppo delle strutture socio-economiche e politiche della comunità che l'ha creato, attraverso i successivi e continui adattamenti a funzioni e possibilità diverse e in espansione. Tutto ciò spiega perché non è possibile stabilire, se non in periodo tardo, una regola uniforme e ben definita nella costruzione del foro, che può presentare lo spazio libero, attorno al quale si addensano edifici, con funzioni precise, di forma quadrata (come per il foro delle città greche, l'agorà) o rettangolare. Sul perimetro di questo spazio aperto, correva un portico a colonne che consentiva la sosta, la discussione e le contrattazioni in caso di cattivo tempo e,
contemporaneamente, dava accesso agli edifici retrostanti con i quali il porticato spesso faceva corpo; questi porticati venivano usati correntemente per dare unitarietà a quel gruppo di spazi, edifici, luoghi che costituivano, al di fuori di uno schema preordinato, il foro Come localizzazione all'interno del tessuto urbano, generalmente veniva prescelta un'area tangente uno dei due principali assi viari, il cardo e il decumano, tra loro ortogonali, e talvolta era uno dei quadranti definiti dall'incrocio stesso dei due assi. Il cardo e il decumano costituivano la base per l'impianto di ogni insediamento romano, compreso il Castrum, la città-accampamento militare. Quando un castrum si trasformava in città residenziale, stabilmente definita sul territorio, il foro veniva edificato in tangenza al praetorium.