il compromesso di m. a. - ROMACITTAETERNA

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Narra la leggenda, riportata anche da Tito Livio (59 a.C. 17 d.C.), che per mettere fine alla secessione della plebe del 496 a.C. il senato inviasse a parlamentare Menenio Agrippa, uomo eloquente e caro alla plebe, il quale si mise semplicemente a raccontare quello che poi è diventato un famoso apologo.

‘‘C’era una volta in cui nell’uomo le parti non erano congiunte armonicamente in un solo organismo, ma ogni membro aveva la sua volontà e la propria voce. In quel tempo le altri parti del corpo, indignate perché le loro fatiche e i loro servigi servissero solo a procurare beneficio al ventre, che se ne stava tranquillo nel mezzo a non far altro che godere dei piaceri che gli erano procurati, si accordarono fra loro decidendo che le mani non avrebbero più portato cibo alla bocca, che la bocca non avrebbe accettato cibo, né i denti avrebbero più masticato. Accesi così dall’ira, mentre volevano domare il ventre con la fame, anche mani, bocca e denti, insieme a tutto il corpo, si ridussero in uno stato di estremo esaurimento. Fu allora chiaro che anche la funzione del ventre non era oziosa e che esso non è nutrito solo per il proprio vantaggio ma perché mandi in cambio a tutte le parti del corpo quel sangue che dà vita e forza e che riceve appunto in virtù del cibo digerito”.
Era chiaro che la discordia delle membra alludeva all’ira della plebe contro i patrizi, rappresentati dal ventre, motore di tutto il corpo. Patrizi e plebei cominciarono quindi le trattative per un accordo che fu concluso con il riconoscimento dei tribuni della plebe, dichiarati sacri e inviolabili.
I primi a essere creati furono Caio Licinio e Lucio Albino.

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