Fontana della Barcaccia
Dove e Collocata: |
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Piazza di Spagna |
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Zona: |
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Campo Marzio |
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Autore: |
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Pietro Bernini- Lorenzo Bernini(1629) |
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Committente: |
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Papa Urbano VIII- Barberini- |
Della grande inondazione che funestò Roma nell'anno 1598 abbiamo numerosi ricordi e traccie. Il Tevere, straripato, aveva invaso tutte le parti basse della città, causando danni rilevantissimi, travolgendo parecchie costruzioni vetuste e di scarsa resistenza.
Rientrato il fiume nel suo letto, si doveva provvedere ad eseguire le riparazioni più urgenti, a puntellare le case pericolanti, a rimuovere per ragioni d'igiene le provviste immagazzinate nelle cantine e nei piani terreni adibiti a depositi, che erano divenute fonti putrescenti di velenosi miasmi, per l'infradiciamento e le successive fermentazioni. Un editto dei maestri delle strade, Prospero Jacobacci ed Ottavio Clemen- lini, in data 2 gennaio 1599, ingiungeva infatti di togliere dalle case ¡1 fieno, la paglia, lo stabbio e le altre immondizie, bagnate nella inondazione del Tevere.
I danni dovevano essere stati rilevantissimi, tanto da indurre il pontefice Clemente Vili a far pubblicare dagli stampatori camerali, il 23 gennaio dello stesso anno 1599, un « sommario del giubileo per i bisogni della città di Roma », in seguito all'inondazione.
Un editto, infine, del cardinale Camerlengo Enrico Caetani, in data del 30 marzo 1599, ordinava ai proprietari di case di togliere, entro il mese di ottobre, i puntelli degli stabili pericolanti in conseguenza della inondazione stessa.
Ma oltre a queste traccie che si ritrovano sfogliando gli editti e i bandi dell'epoca, è giunto fino a noi un ricordo più tangibile, caratteristico e vivo di quel memorabile avvenimento.
Per salvare e vettovagliare le famiglie pericolanti, prigioniere nelle case più basse, circondate dalle acque fangose e gorgoglianti, si erano organizzale delle squadre di soccorso, che accorrevano nelle località più minacciate, montate sopra barconi sospinti dai remi o dalle pertiche puntate contro le sporgenze delle mura.
Quando le acque cominciarono a ritirarsi, uno di questi barconi di soccorso sarebbe restato in secco in mezzo alla piazza di Spagna, nel punto di fronte al quale doveva sorgere, un quarto di secolo più tardi, la superba gradinata disegnata ed eseguita da Alessandro Specchi, con i fondi di un lascito dell'ambasciatore francese presso la Santa Sede, Stefano Gouffier.
Quel barcone rimasto lì arenato per qualche giorno, avrebbe fatto nascere l'idea di una fontana bassa, destinata ad eternare il ricordo della inondazione. L'idea sarebbe sorta nella mente di Pietro Bernini, padre di Gian Lorenzo, che avrebbe in certo qual modo stilizzato il barcone di soccorso, rialzandone notevolmente la poppa e la prua, e adornandole del sole raggiante e delle api barberiniane di Urbano Vili.
L'acqua Vergine disponibile offriva poche risorse all'artista, perchè non si prestava per il suo livello a salire in fiocchi e zampilli: per sollevare quindi il suo monumento, duplicemente vincolato, dal livello dell'acqua e dalla obbligatorietà del tema, in maniera da portarlo almeno un metro al di sopra del piano stradale, il Bernini non poteva che scavare un laghetto al di sotto del piano stesso, e collocarvi la sua barca in maniera da farne sporgere un poco i bordi, la vaschetta centrale e il suo pennacchietto liquido al centro, la poppa e la prua, come se essa navigasse verso il Popolo o verso i Due Macelli.
E la Barcaccia continua a navigare placidamente da oramai tre secoli, rasentata dai carrozzoni tramviari e dalle automobili, certo più rumorosi e veloci, ma indiscutibilmente meno estetici. Per molti anni le ciociare che affluivano a Roma per servire da modelle ai pittori hanno passato ore ed ore di oziosa attesa sedute sui margini della fontana berniniana, intorno alla quale mettevano la nota gaia del bianco, del rosso, del turchino dei loro costumi. Adesso la Barcaccia fornisce le sue acque ai fiorai che hanno sostituito, ai piedi della monumentale gradinata, le profumate policromie dei loro cesti di rose, di garofani, di viole, di tuberose, di crisantemi, alle sgargianti gonne e ai serici busti delle ciociare.
Le modelle in costume non ci sono più: le nuove forme d'arte le hanno bandite dalle composizioni moderne, che non tollerano più i vecchi e superati motivi dei manierati quadri e quadretti del secolo scorso. E se le ferrigne e aspre montagne della ciociaria mandano ancora le loro belle e fiorenti figliole alla Capitale, non ce le mandano più con il " panno " in testa e con le ciocie cinghiate di cuoio, ma in eleganti e succinte tolette, agguerrite alla conquista di un ufficio di commessa, di cassiera o di dattilografa, se non sguinzagliate alla caccia di un marito.
I monumenti restano, impassibili, ma i tempi cambiano. Quante altre cose dovrà ancora vedere la Barcaccia dalle armi di Urbano VIII, prima di giungere al termine della sua lunga navigazione?
Intorno alle origini della Barcaccia occorre dare un'altra versione, meno poetica, ma forse più attendibile e seria. Il papa Urbano VIII, occupato e preoccupato dalle guerre, non potendo dedicarsi alla creazione di una più degna mostra dell'acqua di Trevi, volle almeno far costruire una pubblica fonte in una delle località sovrastanti il percorso dei condotti di quest'acqua. E poiché questa tubatura percorreva appunto la via dei Condotti, pensò di far collocare la sua fontana in quel punto di piazza di Spagna.
La critica non fu benevola all'artista, e il Milizia, sempre severo nei suoi giudizi, non esitò a qualificare la Barcaccia « opera triviale ».
Non si deve tacere, infine, che anche alla tanto lodata originalità di questa fontana si deve fare una ragionevole tara: il Bernini padre, infatti, non fu certo il primo che ebbe l'idea di porre una barca in una fontana. Esisteva già la fontana della navicella che porta l'obelisco a villa d'Este, attribuita al Maderna, da cui potrebbe derivare anche l'idea dell'obelisco di piazza Navona sulla scogliera, e di quello della Minerva sull'elefante. Esisteva pure la fontana della barchetta a villa Aldobrandini, come esisteva la Galera di bronzo del giardino vaticano. Ed esisteva infine — per non dimenticarla nella sua elegante piccolezza — la barchetta sostenuta da due delfini, in mezzo alla balaustrata del balcone di villa Medici al Pincio.